I piani individuali di risparmio sono appena approdati in Italia e già hanno attratto, fortissima, l’attenzione di Sgr e investitori. Pronti a dare, con questa nuova formula, supporto all’economia reale. E a godere della fiscalità agevolata prevista per chi li sottoscrive. Ma come bisogna interpretare le regole poste dal legislatore per godere di queste agevolazioni? Alcune questioni sono ancora aperte. E per fare chiarezza se è parlato nel corso della conferenza “Le agevolazioni fiscali per gli investimenti a lungo termine: i Pir” al Salone del Risparmio, il 12 aprile.
A introdurre i lavori Arianna Immacolato, direttore del settore fiscale di Assogestioni e Ilario Scafati, dirigente ufficio V – fiscalità finanziaria dipartimento delle finanze del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ne hanno descritto il funzionamento e i vincoli posti dal legislatore: un vincolo di diversificazione che prevede che si investa per il 70% in titoli quotati o no, azioni e obbligazioni, di pmi italiane o con stabile sede in Italia, di cui il 30% non quotate su Ftse/Mib. Inoltre, il portafoglio non deve contenere una quota superiore al 10% per ciascuna posizione (vincolo di concentrazione) e, per chi detiene per almeno cinque anni (vincolo di detenzione) l’investimento, è prevista l’esenzione fiscale completa su un valore di 30mila euro annui per un massimo di 150mila euro.
Gli interrogativi degli addetti ai lavori sono vari. Ad esempio, che succede se l’azienda in cui si investe viene a un certo punto quotata su Ftse/Mib? O se la stabile organizzazione in Italia viene meno perché la multinazionale decide di chiuderla?
“Si tratta di requisiti istantanei e non permanenti – ha detto Scafati – ovvero l’investitore deve verificare nel momento dell’investimento che la società abbia stabile organizzazione in Italia o sia nel Ftse/Mib, quello che accade dopo è irrilevante”.
Come si deve considerare il vincolo di concentrazione per depositi e conti correnti? “Il vincolo del 10% vale anche sulla liquidità, ma non mettendo insieme depositi e conti correnti, che vanno valutati separatamente”. Ci sono poi divieti relativi agli strumenti emessi da soggetti residenti in Paesi fuori dalla white list, dove lo scambio di informazioni non è trasparente. Nei PIR non possono poi entrare partecipazioni qualificate che concorrono alla formazione del reddito. “L’intenzione era mettere in contatto famiglie e imprese: l’investitore qualificato svolge indirettamente il ruolo del gestore industriale. Sono bene accetti investitori retail, che cercano il guadagno finanziario, non quelli qualificati. E neppure le partecipazioni di familiari e affini: il legislatore ha voluto evitare il frazionamento della partecipazione a meri scopi di risparmio fiscale”.
Ancora, come si calcolano i cinque anni? Alla luce anche del fatto che la composizione deve essere rispettata per almeno i 2/3 dell’anno solare? “Si tratta di due aspetti diversi – dice ancora Scafati – uno riguarda la detenzione in portafoglio del Pir, l’altra che ci sia prevalenza temporale per quanto riguarda la diversificazione del portafoglio. Si può effettuare un investimento in qualsiasi momento dell’anno: i vincoli vanno riproporzionati al periodo di investimento”. L’orizzonte temporale va mantenuto, ma Scafati esclude che si calcoli per anno solare: “tra data puntuale e data media pesa il costo amministrativo – dice ancora Scafati – se la data media è costosa non ho motivo di appesantire lo strumento” e c’è un aspetto legato alla possibilità che l’investimento, usando la data media, duri effettivamente più dei cinque anni, l’opposto di quello che avviene con il calcolo per anno solare.
Come si tratta il limite quantitativo dei 150mila euro? Come un plafond. Ma si tratta di una cifra a vita o solo per piano? E come incidono i disinvestimenti prima o dopo dei cinque anni su questo plafond? “La fissazione di due limiti, uno annuale e uno complessivo serve a dare la possibile di fare investimenti di questo tipo a chi non ha una ampia disponibilità immediata e anche a limitare chi ne ha troppa – spiega Scafati – Ma non è un limite collegato con la vita dell’investitore. Posso aprire un piano, utilizzare tutti i 150mila euro a mia disposizione per quel piano e poi aprirne un altro e riparto da 150mila euro a prescindere da quello che ho fatto prima”.
Alla conferenza è intervenuto anche Keith Lawson, deputy general counsel Tax Law di Ici Global che ha presentato strumenti simili ai PIR in giro per il mondo, da quello pionieristico britannico degli Individual Saving Account lanciati nel 1999, che investono anche in fintech oltre che in conti e titoli azionari e di debito, ai Nippon Individal Saving lanciati nel 2014 che escludono l’investimento in cassa, passando per quelli Usa.
I materiali della conferenza sono disponibili nella pagina della conferenza in area riservata.