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Il dollaro prende coraggio. E, dopo il secondo rialzo 2017 (il quarto dal 2015) dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve, torna a guadagnare terreno nei confronti della moneta unica. Prima dell’annuncio della banca centrale americana, il cambio euro/dollaro viaggiava a 1,122 per poi scivolare verso quota 1,117 (-0,5%). Un apprezzamento del biglietto verde che potrebbe proseguire anche nei prossimi mesi, in vista di un ulteriore rialzo dei Fed Funds. Ne è convinto anche Tim Sprissler, investment strategist foreign exchange strategy di Credit Suisse, che spiega: “Il dollaro ha ritrovato forza sull’annuncio della Fed dopo essere stato sotto pressione a causa di un’inflazione Usa inferiore alle aspettative a maggio. La forward guidance inalterata della Federal Reserve porterà a un ulteriore rafforzamento. Molto, comunque, dipenderà dai prossimi dati sull’economia Usa – sottolinea – Se rimbalza moderatamente, come ci aspettiamo, le probabilità di un ulteriore rialzo dei tassi saliranno. Tutto questo, unito a un atteggiamento ancora prudente della Bce, dovrebbe giocare a favore del dollaro”.
Verso un terzo rialzo dei Fed Funds
Nel suo ultimo meeting, che si è tenuto lo scorso 14 giugno, la Federal Reserve ha alzato i tassi di interesse per la seconda volta nel 2017 di 25 punti base, portandoli nella forchetta 1-1,25%. La Fed ha inoltre annunciato di attendersi un nuovo aumento dei tassi di interesse quest’anno, quando inizierà a ridurre il suo bilancio, esploso con la crisi a 4.500 miliardi di dollari. Inoltre, prevede altre tre “strette” nel 2018 e 2019.
“Ma affinché la banca centrale Usa continui ad innalzare i tassi, a settembre prima e nel 2018 poi, serviranno segnali evidenti dell’incremento di crescita e inflazione – fa notare Keith Wade, chief economist & strategist di Schroders – Per ora, i dati sull’inflazione negli Stati Uniti continuano a risultare inferiori alle aspettative, con il tasso core in rallentamento all’1,7% a maggio. La ripresa della crescita dalla metà dell’anno scorso, inoltre, non è stata accompagnata da un aumento del potere di determinazione dei prezzi, mentre sul lato dei costi, la crescita salariale resta debole. La Fed terrà presente che le condizioni monetarie generali, che tengono in considerazione il valore del dollaro, i rendimenti obbligazionari e il mercato azionario, sono diventate meno stringenti. Ci aspettiamo anche di assistere a un rimbalzo della crescita nel corso dell’attuale trimestre, che dovrebbe essere sufficiente perché la Fed agisca a settembre. Dopodiché, però, l’outlook dipenderà dalla capacità o meno delle normali forze cicliche di un mercato del lavoro vicino alla piena occupazione di essere sufficienti per compensare i venti contrari strutturali che stanno frenando l’inflazione”.