Fed pronta ad alzare i tassi

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Superato l’appuntamento al Congresso con il discorso del presidente Usa, Donald Trump (che si è dimostrato più presidente rispetto ai primi mesi di insediamento alla Casa Bianca), il mercato ora è concentrato sulle scelte che la Federal Reserve prenderà nel prossimo meeting in calendario il 14-15 marzo. Dopo l’ultimo rialzo del 2016, la banca centrale americana aveva promesso di proseguire sulla strada della politica restrittiva anche quest’anno, con almeno due rialzi dei tassi. D’altronde, i presupporti ci sono tutti. I dati macro mostrano un quadro in continuo miglioramento, così come il mercato del lavoro. Inoltre, l’inflazione ha fatto un bel balzo in avanti con il passaggio di testimone da Barack Obama a Trump (a gennaio ha fatto segnare un +2,5% su base tendenziale, contro l’1,6% pre-elezioni di ottobre 2016).
E anche se qualcuno mostra un certo scetticismo su una possibile stretta già a marzo, il presidente della Fed, Janet Yellen, ha sciolto ogni riserva nel discorso di venerdì 3 marzo, l’ultimo speech prima del periodo di blackout in vista del meeting di metà mese: “Al nostro vertice di questo mese valuteremo se occupazione e inflazione stanno continuando a evolvere in modo coerente con le nostre attese – ha puntualizzato Yellen intervenendo all’Executive Club di Chicago – E se così fosse, un ulteriore aggiustamento dei tassi sui federal funds sarebbe probabilmente appropriato”. Secondo il numero uno della banca centrale americana, la prospettiva di una ulteriore crescita a passo moderato appare incoraggiante. E ancora, i dubbi sulla solidità domestica, oltre ai pericoli di instabilità, choc e contagi, sono rientrati.
Insomma, il rialzo dei tassi sembra ormai scontato. E sarà solo il primo del 2017. Sempre nel discorso a Chicago, Yellen ha messo sul piatto una serie di tre strette di un quarto di punto: “In assenza di nuovi sviluppi che possano far peggiorare l’outlook economico, il processo di riduzione della politica accomodante della crescita non sarà lento come l’ultimo biennio”. Da qui a fine anno, dunque, i tassi americani potrebbero passare dall’attuale fascia 0,50-0,75% all’1,5%, impattando sull’andamento del dollaro, come fa notare Peter Rosenstreich, Head of Market Strategy di Swissquote. Fino a ieri, il mercatosottostimava un terzo rialzo dei tassi per l’anno in corsopuntualizza Rosenstreich – Ci aspettiamo quindi un rally di breve periodo sul dollaro. Da segnalare che i rendimenti continuano a salire sulla scorta di dati inflattivi migliori del previsto, allargando lo spread tra i tassi Usa e quelli degli altri Paesi sviluppati. Tuttavia, il biglietto verde ha perso l’occasione di seguire questi solidi indicatori e sospettiamo che il ritardo tra il differenziale dei tassi Usa e la valuta di riferimento sia una funzione delle aspettative in crescita sulla ripresa economica globale. Considerato che c’è assolutamente spazio per un movimento al rialzo dei tassi Usa a breve, quello che occorre affinché ciò accada è un elemento che funga da detonatore, come per esempio la riforma fenomenale sulle tasse promessa da Trump, che potrebbe vedere la luce entro la fine di marzo. Qualora si materializzasse – conclude – uno stimolo di tale portata risulterebbe sufficiente a promuovere nuove previsioni di crescita in netto miglioramento e forzerebbe i mercati a riprezzare al rialzo i tassi a breve”.

 

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