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di Diego Martone, Demia Studio Associato
La figura del consulente, sia esso bancario che finanziario, ha subito negli ultimi anni una rapida evoluzione e l’imminente introduzione di Mifid II ne decreterà una svolta normativa di grande impatto nel settore. Per questo motivo all’interno della ricerca svolta da Demia per conto di Assogestioni e presentata al Salone del Risparmio 2017, sono state indagate presso 410 professionisti e 3.000 italiani alcune tematiche che servono a dare evidenza dello stato dell’arte del rapporto consulenti/clienti come è oggi configurato.
Partiamo dal fatto che gli italiani riconoscono ed attribuiscono un alto livello di competenza ai consulenti (voto di 7,3 su una scala da 1 a 10), mentre i consulenti stessi percepiscono un’impreparazione di base dei clienti e assegnano ai clienti stessi un 5 (a sé stessi danno un bel 8,4), configurando un rapporto che trova come necessaria conseguenza l’instaurarsi di una fiducia nel sapere e nel consiglio per l’elaborazione di strategie di risparmio e investimento adeguate. Tuttavia a fonte del riconoscimento della professionalità e della preparazione non si può ignorare come il risparmiatore a volte guardi con diffidenza il proprio interlocutore: il 20% degli italiani e il 26% di coloro che possiedono fondi descrive il consulente com
e “un venditore”, e nel 72% dei casi è d’accordo con l’affermazione “il consulente è legato all’organizzazione per cui lavora e fa gli interessi della sua società”. Quasi metà del campione (45%) tuttavia esprime fiducia verso il proprio consulente, perché percepisce che i consigli fin qui ricevuti nel tempo abbiano avuto come filo conduttore la ricerca della soluzione più adatta per le proprie necessità.
Ben differente è la percezione da parte dei professionisti del settore: come abbiamo visto ritengono che la preparazione di base dei clienti sia scarsa e, conseguentemente, questo ostacolo culturale divenga un freno all’elaborazione e alla proposta di soluzioni più sofisticate o articolate, costringendoli spesso a proporre semplificazioni che non aiutano a comprendere appieno le caratteristiche dei prodotti. I professionisti sentono la responsabilità del proprio ruolo e credono fermamente di essere “persone in grado di semplificare una materia complessa” (61% delle risposte raccolte) e di rappresentare “una guida per affrontare i mercati” (47%). Quasi assente invece la percezione di essere dei “venditori” (solo il 3% delle risposte).
Se il panorama normativo e di svolgimento della professione è destinato a mutare profondamente con l’entrata in vigore di Mifid II, non si può quindi prescindere nell’analisi e nella costruzione dell’offerta dal fatto che il rapporto risparmiatore / consulente ha delle istanze ancora non risolte, come ad esempio l’educazione finanziaria, il linguaggio spesso troppo tecnico, la discrasia tra orizzonti temporali, obiettivi e necessità di tutti i giorni dei risparmiatori.
La professione, che negli ultimi anni è profondamente mutata in particolare grazie all’introduzione delle nuove tecnologie digitali (sono molto d’accordo il 76% dei professionisti intervistati), dovrà quindi riuscire a cogliere la sempre presente sfida di affiancamento al cliente all’interno di un contesto che a partire dall’inizio del 2018 non solo sarà molto diverso, ma ridisegnerà alcune delle fondamenta su cui esso è stato fin qui basato.